venerdì 19 ottobre 2007

Va tutto bene


L'impressione che si riceve nel dare uno sguardo in giro è che siamo seduti sul coperchio di una pentola a pressione. Scotta sempre di più, la sensazione di bruciarsi è sempre più forte ma ciò nonostante non ci spostiamo di un millimetro.
A rinfrescarci il fondoschiena ci pensa il sistema in cui siamo più o meno felicemente immersi.
Lo fa distraendoci. La distrazione sembra essere la panacea di tutti i mali di questi tempi. Il fatto che noi si possa fermarci a pensare mette paura. E' un po' come se nella grande sala di controllo qualcuno potesse visualizzare le nostre attività come piccole luci su un monitor. Luce verde, tutto ok, la persona è impegnata. Impegnata vuol dire distratta: sta lavorando, sta facendo vacanza, sta guardando la tv spensieratamente, sta pagando qualche multa, o la rata della macchina, o la rata del mutuo, o sta decidendo se fare una nuova carta di credito. O sta girando per gli scaffali di un centro commerciale indecisa se acquistare, indebitandosi ulteriormente, un nuovo telefono cellulare o un meraviglioso televisore al plasma in offerta speciale.
Luce rossa, allarme! La persona non è distratta. Non sta facendo nulla per non pensare. Ergo sta pensando. Questo è molto pericoloso. Potrebbe volere più informazioni. Potrebbe accorgersi che gli stanno raccontando un sacco di mezze verità rassicuranti. Potrebbe addirittura continuare a pensare per degli altri minuti pericolosissimi per il sistema.
Il suo fondoschiena sta ricominciando a sentire il calore, ad avvertire il dolore, a percepire l'odore di bruciato.
E' necessario intervenire con del ghiaccio.
Un giusto mix tra rassicurazione e uno stato di ansia sostenibile che induca il soggetto a ritenere di avere il polso della situazione, di non averne perso il controllo, che tutto sommato va tutto bene.
Questa sembra essere la funzione primaria dell'informazione di oggi.
Confezionare un telegiornale sembra piuttosto semplice.
Tre o quattro notizie brutte ma sopportabili, possibilmente sanguinolente, che inducano il soggetto ad indignarsi e ad ergersi a giudice e a trovare soluzioni. Che diano il senso dell'utilità, che facciano sentire il soggetto gratificato perché non è insensibile, perché è attento, perché se dipendesse da lui queste cose non succederebbero.
Un po' di politica, meglio se infarcita di polemica, meglio ancora se urlata, e se poi vola qualche sberla fantastico. Così che si possa esternare la propria insoddisfazione, il proprio disprezzo per questo o quell'onorevole.
Una rubrica di cucina, che a veder cucinare ci si sente tutti più sereni, per dare quel senso di focolare tanto rassicurante.
E per chiudere sport e gossip, calmanti naturali per un cervello che avrebbe voglia di riattivare qualche sinapsi, ogni tanto. E dopo tre minuti di pubblicità il meteo, così da livellare al regime ottimale lo stato di ansia controllata.
Estremamente rassicurante. Il coperchio della pentola sembra non scottare più.

giovedì 18 ottobre 2007

Un senso (F.Giongo, estate 1998)

Aveva un buon lavoro in banca.
Era di bell'aspetto, la gente gli voleva bene, lo trovavano tutti simpatico e amabile.
Un giorno una collega lo invitò a consumare il pranzo in sua compagnia.
Accettò volentieri. Lei era la più bella delle impiegate della sua filiale. Regalava la sua bellezza rendendo la giornata migliore ai clienti che avevano la fortuna di capitare al suo sportello.
Inutile dire che era sempre il suo sportello ad avere la fila più lunga.
E aveva scelto lui per consumare in compagnia questo pranzo impiegatizio.
Lui accettò con malcelato entusiasmo.
Seduti al tavolo, intrattenendosi piacevolmente, assaggiarono l'insalata mista che avevano ordinato. Lei gradì molto. Lui non riconobbe alcun sapore pur vedendo rucola, valeriana, tonno, fagioli messicani, cipolla, piccoli tranci di petto di pollo, cetrioli finemente tagliati, peperoncini piccanti sottaceto.
Si stupì di non avvertire alcun gusto.
Però mangiò ugualmente.
Mentre pranzavano, Lei, entrando in un ambito di intimità che non le era del tutto congeniale, sbottonò un po la camicetta della sua anima e gli disse, in preda ad un moto di disinibizione, che tra tutti i colleghi lui era l'unico che riusciva a scatenare in lei, e Dio sa se se ne vergognava, dei pensieri ai confini dell'osceno.
Sebbene lui vedesse le labbra di lei muoversi mentre mangiava cose di cui non avvertiva il sapore, si rese conto di non aver inteso nemmeno una parola di ciò che lei aveva appena detto.
Non ci pensò più di tanto.
Lui amava annusare, prima di berlo, il caffè appena versato.
Chiamò il cameriere immediatamente, lamentandosi dell'acqua nera bollente e inodore che gli era stata servita al posto del profumato infuso di caffeina.
Lei non diede peso alla questione del caffè e fece di tutto per accelerare il loro passo di ritorno alla filiale.
Sebbene mancassero almeno quaranta minuti alla fine della loro pausa pranzo.
Lo trascinò, non senza destare facili pettegolezzi, nel bagno delle signore.
Una volta entrati entrambi, assicurata con due giri di chiave la serratura, si levò la Lacoste che indossava, il reggiseno che stava sotto, il resto del pudore che ancora aveva e prese la mano destra di lui e la posò con forza sul suo seno.
Subito in lei gli ormoni, già peraltro scatenati da prima, considerato che mai in un altro momento o in un'altra vita si sarebbe comportata in quel modo, si dimenarono in una danza ribelle.
Non poteva che pensare al momento imminente in cui lui sarebbe stato dentro di lei. Non poteva pensare ad altro. Lo desiderava troppo.
Lui disse che doveva tornare subito alla sua scrivania, che aveva da sbrigare del lavoro urgente prima che gli sportelli riaprissero al pubblico.
Lei rimase lì, inebetita, nuda dalla gonna in su, bagnata dalla gonna in giù, senza capire bene, vista anche la tempesta ormonale in atto, che cosa era successo, cosa stava succedendo, cos'altro sarebbe successo in seguito.
Così, appena rivestita, avendo a fatica rinunciato all'idea di soddisfarsi da sola, troppo umiliante aveva pensato tra se e se, trovò più stuzzicante mettere su un foglio di carta le sensazioni che aveva provato e che in quello stesso momento stava provando.
E lo fece.
Il giorno dopo lui trovò un manoscritto in mezzo alle pratiche da sbrigare. Lo lesse con cura.
Lo rilesse sbigottito.
E dopo pochi attimi si innamorò.

Nella sua vita non smise mai più di leggere.

Pace (F.Giongo, estate 1998)

E' difficile descrivere quello che provo in questo momento.
Sto giacendo al sole della penultima settimana di Agosto qui, dove sono sempre stato, d'Agosto, negli ultimi nove anni.
Sudo, perché il caldo del sole sopra di me non ha ancora smesso di farsi sentire. E ne sono contento.
Il calore che la grande palla di fuoco infonde mi ricopre, come fossi arrosto in un forno a legna ben alimentato.
Il calore che gratuitamente mi avvolge mi fa pensare a tutte le persone che mi hanno regalato amore.
La sensazione é del tutto identica.
Anche nei mesi più freddi dell'anno le parole di una persona che ti vuole bene ti danno la medesima sensazione di irraggiamento.
E ti restituiscono una vita più bella. Se non più bella, migliore di com'era un attimo prima. E non é poco.
Adoro questo posto. Amo poter essere mollemente adagiato su una sdraio a godermi questo calore che naturalmente si spande dalla grande sfera di fuoco che sta in mezzo al nostro piccolo sistema solare.
Inforco i Ray Ban e mi metto a guardare il cielo.
Nel mio campo visivo c'é il sole. Riesco a guardarlo. Per pochi attimi alla volta. Se no resto accecato.
Forse, in qualche modo, il sole rappresenta una metafora della felicità. Forse perché non puoi vederla sempre ma solo per pochi attimi alla volta. Forse perché se no ti acceca. E poi non potrai vederla mai più.
Guardo il cielo, oggi azzurro come non mai, e mi convinco che deve essere il colore più bello.
Vedo i verdi rami di una pianta.
E penso che anche questo colore é splendido.
E che due colori belli sono più belli ancora se se accostati l'uno all'altro.
E mi viene il sospetto che quello che ho appena pensato abbia a che fare con le nostre vite.
Guardo una nuvola bianca, sottile, multiforme. Nella nuvola vedo immagini che variano di secondo in secondo.
La mia immaginazione vola, così come vola la nube nell'atmosfera.
Il sonno mi sta per prendere.
Ed é la pace.

Mi punge una vespa.
Impreco, e mi passa la poesia....

Capolavoro...


In questo mondo c'è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca a far le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l'abilità ci ha reso duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. A coloro che mi odono io dico NON DISPERATE.
L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano.
L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo.
E qualsiasi mezzo usino la libertà non può essere soppressa.
Soldati, non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie. SIETE UOMINI. Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore, voi non odiate. Coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù ma la libertà. Ricordate nel Vangelo di San Luca è scritto "il regno di Dio è nel cuore dell'uomo". Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini ma di tutti gli uomini, VOI, voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura.
Quindi in nome della democrazia usiamo questa forza, uniamoci tutti, combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza.

Charles Chaplin (Il grande dittatore)

mercoledì 17 ottobre 2007

Non credo (F.Giongo, autunno 1999)






Non credo che chi si occupa di statistica abbia ragione.
Non credo che si possa valutare la possibilità concreta di avere una concreta botta di culo.
Perché sono convinto che di botta di culo debba trattarsi, se hai la fottuta fortuna di infilare una fila di sei numeri che corrispondono a quelli estratti a sorte nelle estrazioni effettuate su sei differenti ruote.
Perciò tutto questo esula con enorme tranquillità dalla statistica pura.
Vanno bene le formule sui grandi numeri, passino anche le indicazioni sui ritardi;
Rimane il fatto che ogni volta che dal canestro viene estratto un numero, esso (il numero) ha una su novanta possibilità di essere estratto.
E questo é abbastanza.
Per quanto nutra grande rispetto per chi si occupa di statistica continuo a pensare che non esista alcuna legge, o quantomeno che nessuna autorità possa applicare una legge che impedisca al 15 sulla ruota di Milano di uscire per tredici volte di fila. A meno che l'estrazione non sia pilotata.
Penso che nessuno possa contraddirmi, in questo caso.
Non credo che chi gioca sistemi da migliaia di Euro abbia più probabilità di vincere rispetto a chi butta lì sei numeri messi in croce. Anche se forse é vero.
Ma sono, e resto, convinto che a dominare sia la grande legge della botta di culo.
E per quanto lo scommettitore folle possa investire molti soldi nella ricerca della combinazione vincente, io pirla solitario con la mia schedina da un euro ho la stessa probabilità di beccare il sei che ha lui. Mi piace, questa volta facendo mia la teoria dei grandi numeri, poter credere che il suo incremento di giocata non sposta di tanto la sua probabilità di vincere.
Non credo che i numeri che ho giocato io usciranno. Non credo che da un giorno all'altro diventerò milionario.
Non credo più a niente però mi piace puntare l'eurino per fare finta di aver vinto, almeno finché non sono usciti i numeri.
Perché finché non sono usciti hai motivo di credere di poter essere milionario.
Potenziale.
Finché non sono usciti puoi fare dei sogni.
Puoi sognare ad occhi aperti, perché fino a che non sono usciti nessuno può dirti smettila di sognare. Perché fino a che non sono usciti il tuo biglietto può valere dal'euro che l'hai pagato fino ai tot milioni che può vincere.
E vince il tuo biglietto, non vinci tu.
Tu non esisti più, esiste solo il biglietto. E se lo bruci per sbaglio, o se lo smarrisci, passerai il resto della vita a chiederti se erano giusti i numeri, perché non te li puoi ricordare visto che li hai messi giù a caso.
Ma questo dubbio, anche se il buon senso ti porta a pensare che comunque non avresti vinto, ti perseguiterà per tutta la tua esistenza.
A meno che tu non sia capace di dire non me ne frega una cazzo.
Facile ?????
No, se il dubbio ti prende ogni volta che, cercando di addormentarti, ti vengono in mente le scadenze del mutuo, del finanziamento che hai chiesto per la Porsche ultimo modello, delle tasse, delle spese condominiali, degli alimenti da pagare all'ex moglie........
E tutto questo se sei fortunato.
Perché vuol dire che hai casa, anche se paghi un mutuo, che hai una bella macchina, anche se l'hai presa con un finanziamento o un leasing, che stai in un condominio, e questo, mi rendo conto, può anche non essere un vantaggio, che hai una ex moglie, e questo tutto sommato mi rattrista.......
E se invece sei più sfigato della fattispecie poc'anzi descritta tipo sei in cassa integrazione, la macchina te la sei venduta per coprire le spese di luce acqua e gas, la moglie ti ha mollato perché non ce la fai a tirare a campare una famiglia e quasi per caso non trovi più quel biglietto che ti sembrava di averne presi almeno cinque, di numeri.....
Cazzo fai, ti butti dal terzo piano ??
Se si sente triste quello con la Porsche, tu cosa devi fare, donare gli organi ??

Non credo che esista una logica che regola le giocate. Mi rendo solo conto del fatto che si é instaurato un gioco al massacro. Che più non si vince più la gente gioca.
E più andrà avanti questa storia, più giocheremo in tanti.
E forse, quando qualcuno, beato lui, si sarà fottuto la grande torta, a mio avviso in base alla regola della gran botta di culo, tutto quanto si ridimensionerà, forse.
Il doppio forse non é casuale, perché può darsi che l'illusione rimanga ancora abbastanza brillante da far sì che il gioco ricominci con lo stesso impeto di adesso.
E in questo caso, probabilmente, giocherò anch'io....... A meno che...........

Siamo così diversi da chi condanniamo?


A volte penso che è troppo comodo considerare la nostra classe politica come qualcosa di completamente a se stante, qualcosa di diverso da noi, e giù a criticare, a giudicare, a inveire, a bestemmiare. Altrettante volte mi chiedo se gli uomini che la compongono siano poi così tanto diversi da chi li elegge.
Non voglio colpevolizzare nessuno, preso singolarmente. Credo nella buona fede di chi si indigna. Così come sono convinto che il politico di professione a certi livelli, ma non c'è bisogno per questo di diventare deputato o senatore, si trovi a vivere in un luna park che è di fatto completamente scollato dalla realtà quotidiana dei comuni mortali, troppo occupati a mettere insieme il pranzo con la cena per non dedicare il poco tempo che resta al rimbambimento collettivo che ci viene quotidianamente regalato dal cosiddetto intrattenimento di massa.
Pensare è faticoso, pensare fa stare male, obbliga a confrontarsi, prima di tutto con se stessi. Quasi nessuno ha più voglia di farlo.
E' più comodo sopravvivere cambiando canale, drogandoci con l'elettronica di consumo, bombardandoci le orecchie con cuffie monoutente allo scopo di star soli, isolati.
Così su chat e commentari vari di blog e di siti siamo in milioni a scrivere. Ma quasi non siamo più capaci di parlare con i nostri genitori, con i nostri compagni, con i nostri figli...
Siamo così sicuri che la classe politica di un paese non sia che una immagine del suo elettorato.
Proviamo a guardare nelle nostre vite di tutti i giorni e a vedere se, in piccolo quanto vogliamo, non ci siano pensieri e azioni che assomigliano terribilmente a quelle tanto stigmatizzate poste in atto dai nostri governanti.
Non voglio difendere nessuno né offendere nessuno, sia chiaro. Ma più di una volta mi sono chiesto se non sia troppo comodo criticare chi abbiamo di fronte evitando accuratamente di guardarci ogni tanto nello specchio della nostra coscienza.
Domani mattina imponiamo a noi stessi di fare cinque cose carine per chi ci sta intorno senza aspettarci nulla in cambio.....

Eccomi qui...

Anzitutto un saluto a chi per caso si troverà a leggere queste mie righe.
E di seguito, immediatamente delle scuse. Scusa, tu che leggi, se questo blog apparirà poco accattivante, povero di immagini, poco colorato, dall'estetica non tanto curata.
E' che proprio non so come si fa....
Ho quarant'anni ma non ho mai fatto niente del genere prima d'ora. Perciò, tu che leggi, scusa per ciò che troverai segnato dall'impronta dell'inesperto.
Ho deciso di fare questo esperimento perchè credo di avere ancora una testa capace di esprimere pensieri. E trovo che sia giusto poter confrontare i miei pensieri con quelli di chi li leggerà.
Non passa giorno che non mi venga la voglia di intervenire su qualcosa, di dire la mia su questo o quel fatto. E proverò, quando il tempo me lo permette, a farlo in queste pagine.
Sarò spesso banale, ma forse, ogni tanto, una scintilla scaturirà da qualcosa che dico. E sarai forse tu che leggi a farmi capire che da quella scintilla si può accendere un fuoco che scaldi cuore e cervello di chi si vorrà avvicinare. Stanno cercando di appiattirci tutti creandoci falsi bisogni che si autoalimentano. E stanno riuscendo a farci essere tutti tremendamente distratti. Perchè è rassicurante. Non ho voglia di essere rassicurato, ho voglia di essere sicuro delle mie certezze, ma prima ancora sicuro dei miei dubbi, perchè è solo dall'incertezza che si può cominciare a costruire.
Se mi hai letto fino a questo punto, beh, GRAZIE.
E ad maiora...