Quattro giorni di ponte e stacchi per un po' la spina dalle solite cose, dal lavoro, dalla quotidianità "normale".
E per caso ti ritrovi su una maccchina del tempo regolata a venticinque anni fa. Quando eri adolescente e le unità di misura erano diverse da quelle di oggi. Quando da uno scherzo veniva fuori un pandemonio. Quando l'impressione di non essere all'altezza degli altri era troppo pesante da sopportare. Quando per sentirsi forti bisognava criticare gli altri in maniera furente. Quando la crudeltà era gratis.
E tutte queste cose le ritrovi sul blog della tua figlioccia che si piglia manganellate da destra e da manca nei commenti ad un post. E il post non lo ha scritto nemmeno lei. Ma i commenti delle sue amiche o presunte tali sono di una violenza inaudita.
Inaudita per te che di anni ormai ne hai quaranta, ma che per loro tanto inaudita non deve essere dato che non sembrano essere neanche per un istante toccate dalla scia di veleno che le loro parole, almeno ai tuoi occhi, lasciano. Come una sinistra eco che non si spegne e ti si rigira come un coltello nella piaga appena aperta. E si mescola con le lacrime che vedi copiose sgorgare dai suoi occhi ingenui.
E ti chiedi se è la tua visione ad essere distorta dalla maturità acquisita oppure è la loro ad essere enfatizzata dall'incertezza della loro stessa evoluzione di persone. Cerchi allora di leggere le dinamiche che regolano le relazioni che tra loro si instaurano.
E la cosa che con più definizione ne viene fuori, e ti allarma, è che l'affermazione di sè passa inevitabilmente dalla distruzione dell'altro.
Forse è proprio questo il nodo da sciogliere.
Forse da questa esperienza nel mondo adolescenziale emerge una riflessione che si deve necessariamente estendere al mondo cosìdetto "maturo":
Posso affermarmi senza annullare l'altro?
Io sono convinto che questo sia possibile, che sia faticoso, che possa regalare grande soddisfazione.
Credo anche che l'altra strada sia di gran lunga più facile da percorrere. E decisamente meno faticosa.
Sono però convinto che non siano le strade più semplici a portarci alle mete più ambite e gratificanti.
Per questo, tante volte, è meglio essere appagati anche dalla propria stanchezza oltre che dal risultato raggiunto.
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